Cenni critici
La frequentazione quotidiana di artisti e la partecipazione ad alcune mostre personali e collettive dal 2000 ha fatto sì che i suoi maestri e alcuni critici scrivessero circa l’attività artistica di Dario Cattaneo.
Massimo Tedeschi 2025, Dario: un uomo del Novecento
Commozione. Non c’è sostantivo migliore che mi venga in mente per riassumere e testimoniare il sentimento che pervade la mostra “Dario Cattaneo e i suoi maestri”, il suo nascere, il suo farsi, il suo prendere forma. Commozione era quella che si avvertiva nella figlia Laura quando, a nome della famiglia, ha manifestato il desiderio di dedicare al padre Dario un evento espositivo. Commozione è quella che ci ha presi in AAB al pensiero di ricordare un amico che se n’è andato precocemente nel 2022, a sessantanove anni d’età, lasciando sospesi tanti affetti, tanti progetti, tante amicizie. Commozione pensiamo trasmettano le opere di Dario e la possibilità di raffrontarle con quelle dei suoi maestri: il padre Giovan Battista, Fausto Borrani, Romeo Bellucci.
Crediamo, come AAB, di aver regalato a Dario un’ultima soddisfazione quando presentammo nella sede di vicolo delle Stelle in città il libro di poesie di Bellucci ch’egli aveva fortissimamente voluto: lo facemmo lui assente, collegato nel suo letto d’ospedale solo da una “diretta” via social. Crediamo di avergli reso un buon servizio soprattutto ora, convincendo affettuosamente la famiglia a fare di Dario il vero protagonista di questa mostra, in cui i suoi maestri fanno da corollario e introduzione al “cuore” dell’esposizione che sono le sue opere.
L’arte per Dario è stata un’ispirazione antica, cullata all’ombra del padre, il grande Giovan Battista, a cui dedicò una memorabile retrospettiva nel salone Vanvitelliano nel 2003. Ma è stata anche una vocazione adulta, complice il circolo di amici che va dal compianto Claudio Caffetto a Giovanni Lamberti Le Rond a Renato Missaglia, e alla cerchia dei maestri che comprendeva Piero Tramonta, Fausto Borrani e Romeo Bellucci. Per amici e maestri Dario s’è prodigato organizzando mostre, redigendo raffinati testi critici, preparando cataloghi, senza mai cercare la ribalta e i riflettori per sé. Ora questa mostra un po’ lo risarcisce, mettendone in luce le qualità pittoriche oltre che umane.
Dario era un uomo del Novecento: per il garbo, lo stile, la misura, ma prima ancora per alcuni gesti artistici che lo contraddistinguevano. Non mandava stringati Sms ma lettere scritte a mano, ariose, profonde, dense di riflessioni. Non cliccava compulsivamente sulla fotocamera del cellulare, ma nei viaggi (verso mete prossime o esotiche) montava il suo bel cavalletto e dipingeva beatamente en plein air. Non si affidava a istantanee o album fotografici per racchiudere gli affetti familiari, ma ritraeva sulla tela le persone amate cogliendone accenti unici, intimi e irripetibili.
L’accuratissimo sito web che gli ha dedicato la famiglia è una porta d’accesso essenziale per entrare nel suo mondo, nelle iniziative che l’hanno punteggiato, nei sogni che l’hanno animato, negli incontri che l’hanno arricchito. Questa mostra – lo dico sommessamente e convintamente – assicura alla memoria di Dario un ingrediente in più, spontaneo e palpitante. La commozione.
Romeo Bellucci 2010, La conquista di un sogno
Uomo di rara sensibilità, di vasta cultura, figlio d’arte, essendo il padre Battista (1906-1983) un affermato artista, Dario Cattaneo cerca se stesso anche per mezzo della pittura. Una ricerca costante, infaticabile, un colloquio affettuoso con la natura per rivelarla, nei suoi dipinti, arricchita dalla sua personalità, dai suoi sogni, dalla sua filosofia.
Artista dunque sempre alla ricerca della “forma” perfetta che distingue il professionista dal dilettante.
Tele ricche di poesia dove la sintesi è essenziale; racconti a volte malinconici, ma permeati da quell’ Altrove che è il mistero dell’inconscio nell’arte e nella vita, una forza spirituale, una volontà di purezza. In queste poche righe si inquadra per me Dario Cattaneo, pittore di chiaro carattere novecentista per educazione paterna, che percorre attraverso uno stile personale ed efficace la via, senza fine, dell’arte.
Paolo Bolpagni 2010, Il paesaggio rivissuto nel ricordo
Con i suoi dipinti Dario Cattaneo intona un cantico alla natura dai toni soffusi ma intensi, testimonianza di un autentico affetto per i paesaggi rappresentati; nel comporli in forme e colori si direbbe che l’autore li faccia propri per via di sentimento. Sono vedute di Caino, della Valle Trompia, del lago d’Iseo, della costa istriana: luoghi che indovino esser stati pazientemente percorsi in cerca delle luci crepuscolari, delle miti foschie, delle atmosfere sospese, delle quieti profondissime che si ritrovano nelle opere di Cattaneo.
Sono visioni intimiste e memoriali, che lasciano trapelare con sincerità la delicata sensibilità che le genera, ossia quell’ “emozione del vedere” fatta di respiro, coinvolgimento e limpidità dello sguardo. In fondo, a essere importante non è tanto l’aderenza alla verità del dato naturalistico, bensì alla spontaneità sorgiva che questo ha prodotto nell’animo del pittore, e che con fedeltà assoluta egli ha reso sulla tela. Una sorta di “realismo interiore”.
Sotto il profilo stilistico, il riferimento non può che andare a quel clima post-impressionista che caratterizzò alcune delle più efficaci espressioni della pittura lombarda nei decenni fra le due guerre mondiali, dai Chiaristi ad Arturo Tosi; ma anche alla vena più ripiegata del grande filone novecentista in Italia (penso a Carrà, a Francalancia, a Carena). La matrice originaria è da ravvisarsi pur sempre in Cézanne (oggetto peraltro di un palese omaggio in uno degli oli di Cattaneo), ma spogliato d’ogni ambizione plastica e volumetrica: per così dire dissolto nel pulviscolo di una dimensione nostalgica e puramente contemplativa.
E’ un consapevole porsi al di fuori del tempo e delle sue fugaci illusioni, nella ricerca di una patria spirituale e rasserenante: il vagheggiato mondo di una “pittura eterna” che, forte della propria debolezza malinconica e meditativa, sfida il mutare delle tendenze e dei gusti proponendosi come baluardo al repentino e incessante divenire degli uomini e delle cose.
Piero Tramonta 2004, Dolci acerbe rimembranze
Per Darca – lo pseudonimo con il quale Dario Cattaneo firma le sue opere – la pittura è passione e ricordo. Le tecniche sono quelle tradizionali dell’olio o dell’acrilico che vengono impiegate per fissare sulla tela paesaggi e nature morte generalmente di piccole dimensioni.
L’immediatezza con la quale fissa le campiture dei suoi quadri dimostra una chiara capacità di sintesi ed una sensibilità particolare nel cogliere gli aspetti salienti del paesaggio o della natura morta che intende rappresentare.
Il desiderio poi di perfezionare i tratti o sfumare i colori troppo brillanti, per riaccostarsi ad una pittura a lui più cara, pur creando una atmosfera più dolce e più pacata nelle sue opere, ci privano spesso di emozioni immediate e richiedono un esame più attento per cogliere il messaggio che vuole trasmetterci. La sua pittura, di sapore postimpressionista, si può inquadrare in una pittura di tipo tradizionale anche se talvolta ricorda un po’ gli occhi di Fra’ Cristoforo di manzoniana memoria: “per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgorano, con vivacità repentina.”
M. Bernardelli Curuz 2002, Il paesaggio della memoria
Sono identificabili due registri, in Dario Cattaneo (Darca). Da un lato un paesaggio postimpressionista dai toni abbassati, perlacei, dominati da una sequenza cromatica che passa dal grigio al blu velato fino a giungere al rosa. Dall’altro lato opere caratterizzate da una tavolozza più vigorosa che assume le crudezze dai fauves sicchè i suoi paesaggi – specie quando lo sguardo si dà veduta, accogliendo in sè le prime architetture urbane – nascono da accordi cromatici vividi, molto spesso esasperati che, pur nel tessuto di un disegno della tradizione, tendono a sottrarre i dipinti da una cornice naturalista.
Il pittore è evidentemente al centro di un percorso, nel corso del quale è bene evidente quel desiderio di esplorare e sperimentare, alla ricerca di una lingua totalmente autonoma.
Dario Cattaneo si accosta alla pittura negli anni della maturità ed è per lui uno straordinario ritorno al passato, questa immersione proustiana negli odori acri dello studio, tra leganti e vernici finali, essenza di trementina e quel colore con cui campisce la tela come se fosse una strada liturgica della memoria attraverso la quale egli insegue l’ombra del padre.
La pittura per Darca inizia come atto del rammemore fino a diventare soprattutto collegamento al super-io paterno che, passati gli anni dei conflitti generazionali, diventa dolce malinconia, offerta al ricordo paterno dei frutti di una disciplina artistica che idealmente accomuna al di là del tempo. Costante è infatti il ricordo – e, per certi aspetti, la citazione – di Gian Battista Cattaneo (1906-1983), pittore bresciano di intensa sensibilità del quale la famiglia conserva gelosamente le opere, di una sorta di museo domestico.
Con l’amico Giovanni Lamberti (Le Rond), Darca inizia un percorso di ricerca e di studio che lo porta a frequentare con assiduità lo studio dell’artista Piero Tramonta che – dice il pittore – “ con pazienza insegna, correggere ed affina gli iniziali tentativi di dipingere: il disegno allora si fa più deciso, gli accostamenti cromatici migliorano”.
Tramonta, che è un inteso astrattista, pittore agli antipodi di Darca, autore di pittura organica e laparotomia minuziosa nei tratti iniziali e subito contemperata da una gestualità violenta e da accostamenti cromatici di ottima resa, induce Darca ad un progressivo allontanamento dal pittoresco e da un approccio contemplativo alla natura.
Gian Franco Tortella 2001, Dario Cattaneo “Darca”
Dario Cattaneo ha iniziato un percorso di ricerca e di studio insieme all’amico Giovanni Lamberti (Le Rond) con il pittore Piero Tramonta, loro maestro. È sempre presente nelle opere di Dario Cattaneo il ricordo del padre G. Battista (1906-1983), pittore bresciano di grande sensibilità umana ed artistica. Darca si accosta alla pittura in età matura, quasi per un’esigenza volta a scoprire una dimensione nuova, affascinante e certamente non facile. E lo fa in punta di piedi, quasi chiedendo: ” È permesso?”, ma senza bussare troppo forte. E questo si può scorgere nella sua tavolozza dove anche i colori brillanti sono spesso stemperati e velati nella ricerca, non dell’effetto immediato, ma del pacato desiderio di trasmettere sensazioni profonde, intime. Forse non è un caso che Darca e Le Rond espongano insieme. Mentre Darca ci parla sottovoce e quasi sussurra la sua proposta con opere ad olio od acrilico di piccole dimensioni che ricordano la pittura della prima metà del novecento, Le Rond si esprime con una certa irruenza e con la corposità di materiali non tradizionali. Entrambi, tuttavia, ci vogliono trasmettere quanto sia bello percorrere i sentieri dell’arte. La proposta di Dario Cattaneo si inserisce quindi a pieno titolo nel percorso dei “nuovi artisti” nello “Spazio espositivo La Peschiera”, che è una realtà che vuole consolidarsi e proporre periodicamente mostre di un certo livello qualitativo non dimenticando, tuttavia, un filone di carattere locale (perché l’espressione artistica va sostenuta e promossa anche localmente) e di artisti all’inizio del loro percorso creativo.
2010 le opere di Dario Cattaneo commentate da Paolo Bolpagni
2010 le opere di Dario Cattaneo commentate da Don Marco Domenighini parroco di Caino (Bs)